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UN ANNO VISSUTO PERICOLOSAMENTE
di Paolo Assirelli* Vi avverto subito, il titolo è esasperato, ma è quello che mi è venuto in mente pensando che la decisione di candidarmi alla Segreteria del Sindacato degli Avvocati di Firenze e Toscana (aprile 2020) e il momento dell’elezione (dicembre 2020) hanno in pratica conciso con la prima …
PCT Indietro tutta – il sequel!!!
Come già osservato – e paventato – in un precedente articolo pubblicato all’indomani dell’approvazione della legge delega 29 aprile 2016, n. 57, nella seduta del 5 maggio 2017 il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo che completa la riforma organica della magistratura onoraria.
In particolare per quanto attiene alle competenze e funzioni del giudice di pace gli artt. 27-29 introducono in sede civile:
- l’estensione dei casi di decisione secondo equità per tutte le cause di valore fino a 2.500 euro;
- l’aumento della competenza per valore che passa dai 5.000 ai 30.000 euro per le cause relative a beni mobili ed aumenta fino a 50.000 euro per quelle riguardanti il risarcimento dei danni da circolazione di veicoli e imbarcazioni.
- la competenza esclusiva (tranne limitatissime eccezioni) per le cause condominiali (oggetto dei procedimenti di mediazione), quelle sui diritti reali e di comunione e i procedimenti di espropriazione mobiliare presso il debitore e di terzi.
In sede penale, al giudice di pace saranno attribuite nuove fattispecie di reato: la minaccia ex art. 612 c.p.; le ipotesi di furto perseguibili a querela; l’abbandono di animali; il rifiuto di fornire le generalità alle forze dell’ordine; e con i limiti stabiliti dalla legge delega: contravvenzioni; delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a 4 anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva; resistenza a pubblico ufficiale ex art. 337 c.p.; rissa; ricettazione e le contravvenzioni per la sicurezza alimentare.
Si deve purtroppo osservare che i timori a suo tempo espressi hanno trovato piena conferma: l’estensione, quantitativa e qualitativa, della competenza viene stabilita senza essere preceduta od accompagnata da alcuna disposizione che estenda il PCT (sia sotto il profilo normativo, che sotto quello prettamente concreto e telematico) anche al Giudice di Pace.
E come poteva essere altrimenti? Si tratta dell’ennesima riforma a “costo zero”, o più esattamente, come recita l’art. 36, “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica” (che in fiorentino si traduce con la felice espressione “friggere con l’acqua”).
L’unica speranza è che, trattandosi di uno schema di decreto, approvato in esame preliminare, prima della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, vi sia una maggiore riflessione sulle REALI conseguenze (quelle analogiche per essere precisi) del provvedimento.
Qui di seguito potete scaricare lo schema del decreto: DOWNLOAD.
PCT: INDIETRO TUTTA!!!
Il ritorno del processo alla carta.
E’ di oggi la notizia dell’approvazione della legge delega che porterà ad una completa riforma del Giudice di Pace, della quale sembra imminente la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e quindi la conseguente entrata in vigore.
Avrete avuto modo di leggere sulle varie riviste online i punti salienti della riforma che toccano la competenza per valore e quella funzionale; il sistema di arruolamento e tutta la parte amministrativa della nuova figura di magistrato onorario che sarà il GOP.
Voglio condividere quindi alcune personalissime impressioni, così… a caldo, con tutta l’approssimazione dovuta al fatto di non aver ancora approfondito la portata della riforma nella sua interezza. Mi scuso anticipatamente per tutto ciò, ma vorrei sollecitare un dibattito chiarificatore con chi mi legge, che magari mi correggerà ed illuminerà.
Personalmente ritengo che l’innalzamento della competenza per valore ai limiti di 30.000/50.000 significhi lo spostamento verso il GOP di circa il 40% del contenzioso attualmente gestito dal Tribunale, percentuale che potrebbe essere anche superiore ove si consideri l’ampliamento della competenze funzionali in materia di esecuzione forzata, condominio ecc.
Quindi una massa importante di cause verrà dirottata verso un ufficio giudiziario privo di alcuna interazione col PCT, e peraltro recentemente interessato da una massiccia opera di revisione della cd. “geografia giudiziaria”.
Qual’è il senso? Quale può essere la logica, l’utilità, dopo tutti i costi, in denaro, studio, formazione, istruzione del personale, ammodernamento tecnologico, che ha interessato in questi ultimi anni, da un lato il ministero, ma dall’altro – e soprattutto – gli avvocati, i consulenti tecnici e gli altri ausiliari del giudice?
Qual’è il senso di un tale ritorno alla carta che appare assolutamente contrastante con la volontà di accelerare e migliorare l’efficienza del sistema giustizia mediante la digitalizzazione, peraltro confermata ed implementata dalla sua estensione anche al PAT (processo amministrativo telematico) che partirà a luglio 2016 e al PTT (processo tributario telematico) che muove i primi sperimentali passi proprio nella nostra Toscana?
Qual’è il senso di demandare a uffici privi di qualsiasi imminente possibilità di ingresso nel circuito telematico, una così imponente massa di contenzioso quando dall’altra parte, per esigenze di ragionevole durata del processo (i fatidici 500 giorni di durata media) si stanno per apportare ulteriori importanti modifiche al codice di procedura civile, inserendole nell’ennesima imminente riforma della legge fallimentare, con ciò anticipando quella che doveva essere una riforma organica del processo civile a compimento del lavoro svolto dalla Commissione Berruti, con tanto di testo unico del PCT?
Non oso pensare alle ore che ci toccherà spendere per risolvere le inevitabili problematiche di raccordo con le norme esistenti – e con quelle che poi verranno – anche solo per determinare il momento esatto dell’entrata in vigore ed il loro rapporto con le cause pendenti. Mi vengono francamente i brividi.
Non capisco come si possa sperare di conciliare le esigenze di accelerare la definizione dei processi affidandoli a magistrati onorari pagati – poco – solo quando pubblicano una sentenza, ma – soprattutto – a udienza. Mi viene in mente un vecchio antipatico adagio “processo che pende… processo che rende!” che, da molti anni sembrava morto e sepolto.
Cosa dire poi ai colleghi operanti in distretti nei quali gli uffici del Giudice di Pace sono stati chiusi, i quali, in assenza di una possibilità di interazione telematica col GOP, dovranno necessariamente armarsi e partire verso le più centrali, ma sicuramente maggiormente distanti, nuove strutture territorialmente competenti.
A fronte del possibile scenario da Day After che ho sopra delineato, ho avuto modo di leggere in questi giorni, la positiva azione del CNF, nella persona del Presidente, sul problema delle miserrime competenze degli avvocati di Equitalia. Non me ne vogliano quei Colleghi se giudico l’intervento non solo estraneo alle funzioni del Consiglio Nazionale Forense, ma assolutamente fuorviante. Ritengo che, a conti fatti, potranno smettere di far la spesa al discount e forse permettersi la ben più lussuosa grande distribuzione, ma ritengo anche che ciò non possa costituire una risposta veramente efficace nè ai loro personali problemi, nè a quelli che preoccupano ed angustiano la nostra bella, maledetta e irrinunciabile professione.
Sbaglio a pensare che le energie del CNF potevano forse – con maggior efficacia e miglior rispetto delle funzioni istituzionali ad esso demandate – essere indirizzate ad intervenire sulla riforma del Giudice di Pace? Peraltro nessuna informazione mi sembra sia stata pubblicata su “Il Dubbio” che magari, come giornale edito proprio dal CNF qualche commento avrebbe potuto farlo. Ma forse l’azione di “bannamento” dei commenti indesiderati, che molti colleghi stanno recentemente denunziando, ha lasciato poco tempo per occuparsene. D’altronde il nostro è un paese che ha sempre amato i Masaniello, mentre non pare aver mai compreso Voltaire (che proprio il “dubbio” e la ragione aveva innalzato a religione civile).
Tengo a sottolineare che quanto ho scritto è frutto di considerazioni assolutamente personali, non preventivamente condivise, fatte proprie, nè ancor meno discusse con i Colleghi ed amici del Sindacato Avvocati di Firenze e Toscana, della cui ospitalità mi sono vergognosamente approfittato, ma spero vivamente con queste poche righe di dare spunto ad una riflessione, un dibattito, una critica che vada oltre la mera, consueta e bovina lamentatio, ed a cui mi auguro contribuiscano TUTTI gli appartenenti al Foro, indipendentemente dalla loro affiliazione associativa.
Il Sindacato, as usual, offrirà la possibilità di un’analisi organica e ponderata ed un’azione concreta anche su questa nuova vicissitudine professionale ed umana.
Un caro saluto a tutti.
Avv. Paolo Assirelli
Articolo pubblicato nel sito del Sindacato Avvocati di Firenze e Toscana.
Il punto sulla procura ad litem (Cass. SS.UU. n. 4909 del 14.03.2016).
Con una recente sentenza le Sezioni Unite della Suprema Corte sono intervenute facendo il punto sulla natura ed i limiti della procura alle liti.
Ribadito che i poteri del difensore discendono direttamente dalla legge – per cui la procura realizzare unicamente la scelta e la designazione dell’avvocato – la sentenza affronta, e risolve, il problema dei rapporti tra la procura e l’appello incidentale e, soprattutto, con l’azione di garanzia impropria.
Qui di seguito potete trovare un estratto della sentenza.
Avv. Paolo Assirelli
Sulle specifiche tecniche per l’attestazione di conformità dei documenti informatici separati (GU Serie Generale n. 4 del 7-1-2016).
Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 7 gennaio 2016, il noto affaire delle modifiche alle specifiche tecniche, richieste dal comma 3 dell’art. 16 undecies del DL 179/12 introdotto con la legge di conversione del decreto legge n. 83/15, ha finalmente trovato la sua soluzione (si spera definitivamente).
Esaminando il testo dei due articoli sembra – ad una prima lettura – che, almeno per una volta il Direttore Generale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia abbia optato per una definizione ragionevole del problema, senza ricorrere alle – da molti – paventate ulteriori complicazioni (si era giunti a teorizzazioni su incredibili impronte e financo all’apposizione della famigerata marca temporale, con i conseguenti ulteriori esborsi).
Sia nel caso del deposito di documenti, originariamente cartacei (rectius analogici), sia nel caso della loro notifica a mezzo PEC, dunque non vi è alcun bisogno di macchinose attestazioni a mezzo hash o riferimenti temporali, poiché si è riconosciuto che la “collazione viruale” tra i vari files contenenti l’immagine informatica di atti e/o documenti originariamente cartacei, viene ad essere realizzata proprio dal tramite: nel primo caso (il deposito) dalla cd. “busta”, nel secondo (la notifica) dalla stessa struttura tecnica del messaggio di PEC, che – in pratica – riunisce al suo interno in unico file tutti i diversi files che desideriamo notificare ed al quale il proprio gestore dei servizi provvede ad apporre ulteriore firma digitale a chiusura dell’intero contenuto dell’invio.
In entrambi i casi l’unica novità di rilievo è quella rappresentata dalla necessità di indicare nell’attestazione (per il deposito) o nella relata (per la notifica) il nome del/i file/s che intendiamo trasmettere, seguiti dal suffisso .pdf.
Poiché per quanto attiene ai depositi l’art. 19 ter fa inoltre riferimento all’inerimento dei dati identificativi del documento informatico contenente l’attestazione, nonchè del documento cui essa si riferisce, “nel file DatiAtto.xml di cui all’art. 12, comma 1, lettera e.”, appare chiaro che i vari redattori (o modellatori) dovranno essere conseguentemente integrati, con modifiche che appaiono assolutamente “leggere” e che, in ogni caso, venendo formate in automatico dal sistema, non richiederanno alcuna ulteriore attività da parte dell’avvocato-utente.
Resta invece come incognita l’esatta portata del 5° comma dell’articolo dove si scrive “In ogni altra ipotesi, l’attestazione di conformità è inserita in un documento informatico in formato PDF contenente i medesimi elementi di cui al primo comma, l’impronta del documento informatico di cui si sta attestando la conformità e il riferimento temporale di cui all’art. 4 comma 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 novembre 2014.”.
Riteniamo, a nostro modesto e provvisorio, parere che la ricomparsa della temutissima hash e dell’incompreso riferimento temporale, debbano valere – come norma di chiusura – innanzitutto per eventuali e futuri utilizzi telematici non ancora implementati.
Nell’immediato, tale ulteriore garanzia di immodificabilità del contenuto del/i file/s potrebbe applicarsi:
a) alle comunicazioni telematiche effettuate dalle cancellerie, in quanto esse non costituiscono né deposito, né tantomeno notifica, ai sensi della L. 53/94;
b) all’invio telematico di tale/i file/s ad un destinatario mediante un messaggio di posta elettronica ordinaria (quindi non PEC);
c) nel caso di un contratto o una scrittura privata (redatti in forma digitale) che costituiscano una transazione e nel quale si includano (quali allegati) atti processuali, originariamente cartacei (analogici);
d) nell’ipotesi di invio, al Curatore fallimentare, dell’insinuazione al passivo, che pur avvenendo per il tramite di un messaggio PEC, non mi sembra possa essere definito quale deposito e sicuramente meno che mai quale notifica ai sensi della L. 53/94.
Ipotesi A: DEPOSITO TELEMATICO.
1) con il vostro software di videoscrittura preferito, predisponete l’attestazione di conformità, che può avere anche questa forma:
ATTESTAZIONE DI CONFORMITÀ
Il sottoscritto Avv. [………………………] del Foro di [………………………], con la presente
ATTESTA
in virtù del combinato disposto dagli artt. 16 decies e 16 undecies, comma 3, del DL. 179/12, che la copia informatica [NOME FILE.pdf] è conforme all’originale analogico (o alla copia conforme analogica) del [DESCRIZIONE ATTO – RG N. ………………….. emesso dal Tribunale di …………………. in data …………………………] dal quale è estratta.
[Luogo e data]
Avv. [………………………]
2) Una volta completato il file nelle parti variabili, potete salvarlo (o stamparlo) in formato PDF nativo (quindi senza scansione).
3) Apponete al file .pdf, come sopra ottenuto, la vostra firma digitale.
4) Caricate nella busta telematica il file .pdf con l’attestazione di conformità e il file .pdf della copia informatica che volete depositare.
Ipotesi A: NOTIFICA PEC.
1) con il vostro software di videoscrittura preferito, predisponete la consueta relata di notifica con gli elementi richiesti dalla L. 53/94 (atr. 3 bis), alla quale aggiungerete l’attestazione di conformità della copia informatica da allegare, , che può avere anche questa forma:
Il sottoscritto Avv. [………………………] del Foro di [………………………], con la presente
ATTESTA
in virtù del combinato disposto dagli artt. 16 decies e 16 undecies, comma 3, del DL. 179/12, che la copia informatica [NOME FILE.pdf] è conforme all’originale analogico (o alla copia conforme analogica) del [DESCRIZIONE ATTO – RG N. ………………….. emesso dal Tribunale di …………………. in data …………………………] dal quale è estratta.
2) Una volta completato il file della relata nelle parti variabili, potete salvarlo (o stamparlo) in formato .pdf nativo (quindi senza scansione).
3) Apponete al file relata.pdf, come sopra ottenuto, la vostra firma digitale.
4) Allegate al messaggio PEC il file relata.pdf e il file .pdf della copia informatica che volete depositare.