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Da Crisi ad opportunità:  l’occasione di  sviluppare le udienze civile e penali da remoto

Da Crisi ad opportunità: l’occasione di sviluppare le udienze civile e penali da remoto

Estratto dal “Notiziario Forense” del Sindacato degli Avvocati di Firenze e Toscana, n. 110 Anno XLVIII del 3.04.2020 Notiziario Forense edizione speciale 2020.

 

 

Finalmente avevamo iniziato ad abituarci alle varie tipologie di processo telematico (civile, amministrativo, contabile e tributario) ed al consenguente e diverso modello di gestione dello studio legale, quando siamo stati investiti – in pieno ed improvvisamente – dall’emergenza connessa alla pandemia da Covid-19.

Le misure adottate nel settore giustizia si sono concretate prima nel DL 8 marzo 2020, n. 11, che ha introdotto importanti – e per adesso temporanei – cambiamenti:

– l’art. 1, 6° co., ha esteso l’obbligatorietà – in via esclusiva – e fino al 31 maggio 2020, del deposito telematico anche di tutti gli atti e documenti prima soggetti al regime di deposito telematico facoltativo (cfr. D.Lgs. 179/2012, art. 1-bis, comma 16 bis).

– è stato ugualmente reso obbligatorio il pagamento del contributo unificato e delle anticipazioni forfettarie mediante pagamento telematico;

– l’art. 2, 2° co., lett. f) ha inoltre previsto lo svolgimento delle udienze civili “che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti” attraverso collegamenti da remoto ed al successivo 7° co., ha previsto per alcune tipologie di procedimenti penali, la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto.

In entrambi i casi l’individuazione delle modalità di collegamento è stata demandata alle indicazioni del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia (DGSIA) il quale, con provvedimento del 10 marzo 2020, ha, a sua volta, comunicato che gli strumenti utilizzabili sono “Skype for Business” e “Microsoft Teams”.

Misure confermate ed ampliate con il DL 18/2020 nel quale l’art. 83, 7° co., di nuovo rinviando alle disposizioni del DGSIA (assunte con provvedimento del 20.03.2020) che ha introdotto:

– f) la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del DGISA. Lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento. All’udienza il giudice dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell’identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale;

– g) la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni indicate al comma 3;

– h) lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice.

In conseguenza di ciò, il CNF ed il CSM hanno approvato due protocolli diretti ad assicurare linee guida unitarie per la regolamentazione degli uffici giudiziari e per lo svolgimento delle udienze penali e civili, che prevedono due fasi: una fino al 15 aprile e l’altra per il periodo 15 aprile – 30 giugno 2020.

Le criticità.

La semplice lettura degli strumenti normativi e soprattutto dei provvedimenti della DGSIA rende evidente che la situazione emergenziale ha impedito una seria indagine sugli strumenti al momento disponibili ed ha in pratica costretto l’adozione delle piattaforme già precedentemente utilizzate dal Ministero (Skype e Microsoft Teams).

L’estensione dell’obbligatorietà – in via esclusiva e fino al 31 maggio 2020 – del deposito telematico anche a tutti gli atti e documenti prima soggetti al regime di deposito telematico facoltativo (doppio binario) è stata fino ad adesso utilizzata per il deposito di fascicoli complessi, composti da molti documenti cartacei di lunga e/o complessa scannerizzazione, o di ardua leggibilità. Il DL sotto questo profilo ha letteralmente ignorato l’evidente problema sotteso: quello dell’ampliamento dei formati documentali depositabili per via telematica. Ad oggi, infatti, il processo civile telematico non consente il deposito di files audio o video (limitazione molto grave specialmente in relazione alle controversie che richiedono l’esame di documenti di diagnostica clinica). Quindi in tali casi il difensore dovrà comunque recarsi in cancelleria per depositare tali documenti con buona pace dell’intento delle misure emergenziali di distanziamento sociale.

Per quanto riguarda le udienze civili è stata quindi prevista la la possibilità di celebrare le udienze che possano svolgersi con la presenza dei soli difensori, in via cartolare – mediante gli strumenti del PCT – la videoconferenza è invece riservata a quelle udienze in cui non sia prevista la presenza di altre persone, oltre ai difensori e alle parti (udienza di comparizione dei coniugi davanti al presidente o al collegio, amministrazione di sostegno).

Lo svolgimento di tali udienze in videoconferenza non è così semplice: viene a dipendere sia dalla capacità e volontà del singolo giudice, sia dal fatto che tutti i soggetti partecipanti siano adeguatamente formati sull’uso delle suddette piattaforme, sia dalla massima puntualità circa l’orario indicato per la trattazione, sia, infine, dall’assenza di problemi tecnici nel funzionamento di tutti gli strumenti telematici utilizzati/utilizzabili.

Qualora tutte le predette condizioni non si verifichino ecco che si corre il rischio di un prevedibile ricorso al piano B, previsto dalla lettera h) dell’art. 83 7° co.: lo svolgimento delle udienze civili potrà svolgersi “… mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”.

Il ripiego sulla cd. “udienza figurata” rende quindi assai probabile che l’ambito di applicazione della video-udienza sarà – per il momento – assai ridotto. Ciò non di meno non si può che plaudere alla novità. L’effettiva possibilità di valutare l’utilizzo effettivo, concreto, nella quotidiana pratica processuale e stragiudiziale, di piattaforme da remoto potrebbe essere l’occasione per individuare le necessarie modifiche legislative da apportare ai codici di rito e le migliori prassi adottabili, e magari anche alla possibilità di utilizzare strumenti opensource, spesso di ben più facile utilizzo di quelli imposti nel regime emergenziale.

Niente impedisce che, con l’accordo delle parti, si possa ricorrere alla udienza celebrata mediante la videoconferenza, anche successivamente al termine del 31 maggio 2020. Il principio di libertà delle forme e i poteri di direzione dell’udienza riconosciuti al Giudice gli permettono di proporre la trattazione in videoconferenza a tutte le parti o, in alternativa, a quelle che ne abbiano fatto motivata richiesta. Lo strumento, superata la prima iniziale difficoltà, è infatti potente: offre ai partecipanti la possibilità di un immediato scambio di documenti (che saranno poi depositati nel fascicolo telematico), di condividere ciò che appare sullo schermo del proprio PC, consente la trattazione a distanza di udienze anche con soggetti che hanno difficoltà a recarsi in Tribunale.

Per quanto attiene il processo penale, dopo il termine emergenziale del 31 maggio 2020, riemergerà la piena vigenza dell’art. 146 bis disp. att. cpp, che limita l’utilizzo di sistemi di videoconferenza, sia sotto il profilo soggettivo, sia in relazione al mezzo tecnico utilizzabile. Ma con la collaborazione delle parti e dei loro difensori, i mezzi tecnologici attualmente previsti potrebbero essere messi a disposizione dei Giudici di Pace, o di sezioni distaccate di Tribunale in luoghi remoti, con evidente risparmio di tempo e denaro pubblico. Certo è che che l’estensione delle attuali misure emergenziali potrebbe condurre ad una forte smaterializzazione del processo penale sino ad oggi contestata dall’Unione delle Camere Penali, soprattutto in presenza di imputati liberi.

Lo smart working nello studio legale.

L’utilizzo di strumenti che consentano udienze, riunioni, meeting, mediante collegamenti da remoto è qualcosa che non sarà completamente persa al termine del periodo emergenziale. Dopo aver superato le iniziali difficoltà dovute alla necessità di apprendere delle competenze telematiche diverse da quelle alle quali eravamo quotidianamente abituati, buona parte dei professionisti (avvocati inclusi) ha avuto modo di acquisire confidenza con i vari strumenti di collegamento remoto e quindi valutare gli indubbi vantaggi che essi comportano.

La possibilità di presenziare personalmente, o per delega, ad udienze, anche in città distanti dalla sede principale dello studio senza bisogno di spostarsi fisicamente, unita alla possibilità di tenere in modalità “figurata” alcune udienze in cui – spesso dopo lunghe attese – l’attività di udienza è veramente ridotta al minimo, potrebbe veramente condurre a quella semplificazione e snellimento del processo civile, in verità, da tempo e da più parti invocata.

Facendo un passo indietro e guardando il quadro da una maggiore distanza non si deve dimenticare che le udienze in video conferenza mediante connessione remota sono un aspetto del c.d. Smart-working, traducibile in “lavoro agile”, ma soprattutto in “lavoro intelligente”. Connessioni remote che potranno interessare l’avvocato non solo per le attività di udienza, ma anche (e già in tal modo da tempo vengono ampiamente utilizzate) per le relazioni con gli assistiti, colleghi ed altri professionisti. Dopo l’attuale esperienza sarà forse possibile anche ripensare le modalità del rapporto di lavoro con i dipendenti dello studio legale ed anche del diverso rapporto con i collaboratori dello studio.

Lo smart-working è quindi destinato a sopravvivere al periodo emergenziale perché aumenta la produttività del singolo, sia in termini quantitativi sia riguardo a parametri specifici (ad es. il rispetto delle scadenze) e riduce le assenze per malattia o per ragioni personali dallo studio. Tutto ciò per ragioni evidenti in primo luogo permette infatti una maggiore e più flessibile organizzazione della propria attività quotidiana ed inoltre perché elimina lo stress derivante dalla necessità di spostamento quotidiano (autobus iperaffollati e ingorghi nel traffico).

Lo smart-working riduce inoltre il ricorso alla carta e diminuisce quindi il bisogno di spazio fisico in cui collocare lo studio legale, con vantaggi in termini di canoni di locazione e consumi. Lo smart-working ha inoltre un altra importante ricaduta assicura alle donne una migliore soluzione al problema di dover gestire le diverse esigenze e necessità di casa e ufficio, figli e lavoro, comporta anche la trasformazione degli atteggiamenti maschili più inveterati, centrati sulla predominanza del lavoro über alles.

Gli svantaggi sono quelli evidenti: l’abuso o l’uso improprio degli strumenti può al contrario portare ad una riduzione della produttività o della qualità del lavoro; vi sono evidenti rischi sulla conservazione dei dati e delle informazioni raccolte in forma adeguata. Vi sono infine rischi di un ennesima “digital divide” in primis tra coloro che potranno utilizzare lo smart-working e quelli che invece ne saranno esclusi, per ragioni soggettive o cause oggettive, in secundis, tra gli studi legali che lo utilizzeranno come normale modello di gestione e quelli studi che di tale modello saranno privi.

In ogni caso diciamoci la verità: il problema principale nell’adozione dello smart-wworking come modello di organizzazione dello studio legale non risiede tanto nella necessaria conoscenza, da parte di “tutti” i componenti delle tecnologie telematiche connesse, ma proprio nella alterazione del rapporto tra la vita privata e attività lavorativa, e soprattutto nel necessario ripensamento dell’elemento “fiducia” nei rapporti con colleghi, collaboratori e dipendenti.